
Il tempo comincia a scorrere in modo diverso.
Le tende diventano capanne, le capanne presto si trasformano in case. Non è più un accampamento, è una comunità.
Gli Achei scoprono che la pianura è un dono inesauribile: il grano cresce alto, i fiumi portano pesci a centinaia, gli ulivi si piegano sotto il peso dei frutti. Ogni giorno sembra una festa naturale, un invito alla vita.
Is osserva tutto con occhi distanti. Per gli altri è lavoro, conquista, sopravvivenza. Per lui, invece, è come se la città già esistesse dentro un sogno più grande, e loro stessero solo dando corpo a qualcosa che da sempre li attendeva.
La comunità si stringe attorno a rituali nuovi: banchetti, canti, danze che nascono spontanee. È il primo assaggio di quella che diventerà la leggenda di Sibari: un luogo dove il piacere e la bellezza non sono peccato, ma destino.
E così, mattone dopo mattone invisibile, Sibari inizia davvero a prendere forma. Non solo nelle mani degli uomini, ma nell’immaginazione che già la vede luminosa, elegante, infinita.