TESTO DELL'ARTICOLO ➜
http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5740SULL'UCCISIONE DI VINCENT LAMBERT NESSUN COMPROMESSO E' ACCETTABILE di Costanza Miriano
Ho letto la sconcertante posizione del presidente della Pontificia Accademia per la Vita sull'uccisione di Vincent Lambert: innanzitutto Dio non viene neanche nominato, il senso religioso è assente, e si parla di un generico "amore che sconfigge la morte", ma a me risulta che non sia un sentimento a vincere il dramma che incombe su di noi: è invece una persona, Gesù Cristo in croce, con il mistero della passione che ha sconfitto la morte.
Per il resto, l'articolo uscito su Famiglia Cristiana è tutta un distinguo, un invito alla cautela, un richiamo al dialogo, mi raccomando non litighiamo mentre ammazzano un uomo. Ma per invitare al dialogo bisogna sottilizzare, confondere le acque, è necessario non chiamare le cose con il loro nome (c'era uno che diceva il vostro parlare sia sì, sì, no, no, tutto il resto viene dal maligno). Allora diciamolo chiaramente, a Vincent Lambert non sono state sospese le cure, non si è "lasciato che morisse": è stato ucciso attivamente, fatto morire di fame e di sete. Non sono state sospese le cure. Non era un malato terminale. E non è stata eutanasia, parola evocata da Paglia. Intanto perché non è eu (buona) per niente, ma una tortura crudele durata dieci giorni (una fibra piuttosto resistente per un malato terminale, che infatti non era terminale per niente, lo ripeto). E poi perché appunto è stata una morte inflitta con le deprivazioni atroci che non augurerei a nessuno di sperimentare. C'era una famiglia, c'erano tanti amici che erano pronti a farsi carico di lui a proprie spese, invece sono stati cacciati dalla stanza, e per salutare il proprio figlio torturato hanno dovuto esibire i documenti. Che dialogo vuoi fare in questi casi. Già non imbracciare un bazooka vuol dire avere dialogato, già avere opposto una resistenza per vie legali vuol dire avere dialogato. se succede a un mio figlio mi do fuoco dentro all'ospedale.
IL DIALOGO NON È UN VALORE ASSOLUTO
Vorrei però soprattutto dire a monsignor Paglia che il dialogo non è un valore assoluto: il dialogo è uno strumento, è un metodo, e avviene necessariamente così: la mia posizione è questa, la tua è quella, io posso arrivare fino a qui, ma c'è un punto oltre al quale non si va. Cibo e acqua non sono cure. E in un mondo che va compatto, inarrestabile, come un caterpillar con tutti i suoi soldi e i canali di comunicazione, il dialogo può arrivare solo fino a un limite invalicabile. Cerco di spiegarti con calma e non ti aggredisco, ma se stai uccidendo mio figlio prima lo salvo, poi parliamo.
È rimasta solo la Chiesa ad affermare che ogni vita è sacra dall'inizio alla fine naturale, perché pensata e voluta da Dio prima che il mondo esistesse. Dio ce la può togliere in qualsiasi momento, in un soffio, quando vuole. Non accanirsi a curare va bene, ma far morire di fame e di sete è un'altra cosa. Il mondo, i radicali, l'amico di monsignor Paglia, Marco Pannella, pensano che sulla vita si possa esercitare un giudizio. A volte vale la pena, a volte no, se non rispetta certi standard, o se la volontà del malato va in un altro senso. La Chiesa non dice questo. Il dialogo possibile non è: veniamoci incontro a metà strada, perché se apriamo il capitolo "Giudizio sulla qualità della vita", o sul mio volerla vivere o meno, è il caos. Si cominciano a eliminare i malati rompiscatole, i depressi, quelli che non hanno speranza di guarire, i disabili gravi. E si va su un piano inclinato pericolosissimo (già oggi ci sono persone che hanno paura a portare in ospedale i propri figli disabili).
LA MISSIONE DELLA CHIESA
Mi chiedo: è leggerezza o dolo? Perché nel momento in cui un malato non terminale viene ucciso semplicemente togliendogli la flebo che lo nutriva e lo idratava, quindi...