L’espressione “Gesù è morto per noi” è fondamentale nella fede cristiana, ma spesso manca di chiarezza storica. Gesù non è semplicemente morto — è stato giustiziato. Secondo i racconti storici su Gesù, fu crocifisso pubblicamente sotto l’autorità romana dopo essere stato condannato dai leader religiosi ebrei. La sua morte fu il risultato di tensioni politiche, conflitti religiosi e un’ampia incomprensione della sua identità come L’Unto, un titolo che lo identificava come il Messia atteso dalle profezie ebraiche. La Passione di Cristo non è solo un’idea teologica, ma una sequenza di eventi reali che mostrano come la vita e il messaggio di Gesù abbiano sconvolto i sistemi più potenti del suo tempo. Nella Giudea del I secolo, gli insegnamenti di Gesù turbavano le pratiche tradizionali del tempio e mettevano in discussione l’autorità religiosa consolidata. Rovesciò i tavoli nel tempio, denunciò l’ipocrisia religiosa e compì guarigioni di sabato, portando i capi religiosi ad accusarlo di blasfemia. La sua affermazione “IO SONO” richiamava il nome divino rivelato a Mosè, una dichiarazione diretta di divinità che provocò indignazione. Per le autorità romane, un uomo chiamato “Re dei Giudei” che attirava seguaci durante la Pasqua — una stagione politicamente delicata — era considerato una minaccia. La crocifissione romana era riservata a ribelli, insorti e perturbatori dell’ordine pubblico, collocando Gesù nella categoria dei nemici dello Stato. I Vangeli descrivono l’ingresso di Gesù a Gerusalemme accolto da grida di “Osanna!”, una proclamazione messianica che destò preoccupazione tra i leader ebrei e romani. Molti speravano che avrebbe adempiuto le profezie liberando il popolo dal dominio romano, ma Gesù parlava di un regno spirituale non di questo mondo. La sua reinterpretazione della Legge, l’autorità sul sabato e la pretesa di perdonare i peccati lo misero in diretto conflitto con la tradizione farisaica. I capi religiosi temevano una dura reazione da parte di Roma se l’influenza di Gesù fosse cresciuta, portando il sommo sacerdote Caifa a dichiarare che era meglio che un solo uomo morisse per il popolo piuttosto che l’intera nazione perisse. Pilato, il governatore romano, interrogò Gesù in quello che si potrebbe definire Il Processo della Verità, chiedendogli: “Sei tu il Re dei Giudei?” — un’accusa di sedizione secondo la legge romana. Pur non trovando colpa in lui, Pilato cedette alla pressione politica. La folla chiese la liberazione di Barabba, un noto insorto, al posto di Gesù. Il processo davanti a Ponzio Pilato riflette come Roma cercasse di mantenere l’ordine anche condannando un innocente. La crocifissione avvenne fuori le mura di Gerusalemme, su una collina chiamata Golgota, adempiendo le profezie come il Salmo 22, che descriveva la perforazione delle mani e la spartizione delle vesti. La crocifissione avvenne durante la Pasqua, collegando Gesù all’agnello il cui sangue aveva salvato gli israeliti durante l’Esodo. Quando Gesù fu innalzato sulla croce, i primi cristiani lo riconobbero come l’Agnello di Dio, il cui sangue stabiliva una nuova alleanza. Questa alleanza non richiedeva più sacrifici al tempio, né altari né sacerdoti levitici. Gesù affermò che il suo corpo e il suo sangue sarebbero stati l’offerta. Le sue parole durante l’Ultima Cena — “Questo è il mio corpo” e “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue” — indicavano la sostituzione dell’alleanza mosaica con una nuova mediante il suo sacrificio. Durante il suo ministero, Gesù parlò del Regno di Dio, dichiarando che era già presente tra il popolo. Il suo rifiuto di allinearsi ai poteri politici o alle tradizioni religiose lo rese una minaccia sia teologica che politica. Il racconto evangelico della Crocifissione mostra che i suoi ultimi momenti furono segnati da tenebre a mezzogiorno, dallo squarciarsi del velo del tempio e dalla dichiarazione: “È compiuto.” Questi elementi rafforzano la fede cristiana secondo cui Gesù adempié le profezie messia... Learn more about your ad choices. Visit podcastchoices.com/adchoices