Magazine di riferimento della Rete Due sulle questioni scientifiche. Si occupa sia dei grandi temi che riguardano direttamente la nostra vita quotidiana (inquinamento, allergie, alimentazione) sia delle ricerche di laboratorio (medicinali, nuove scoperte, invenzioni) sia di questioni che coinvolgono le scienze umanistiche, psicologia, filosofia. Partecipa così, con stile divulgativo, al dibattito su alcuni fondamentali temi di società.
Magazine di riferimento della Rete Due sulle questioni scientifiche. Si occupa sia dei grandi temi che riguardano direttamente la nostra vita quotidiana (inquinamento, allergie, alimentazione) sia delle ricerche di laboratorio (medicinali, nuove scoperte, invenzioni) sia di questioni che coinvolgono le scienze umanistiche, psicologia, filosofia. Partecipa così, con stile divulgativo, al dibattito su alcuni fondamentali temi di società.

Trecentosessantacinque chilometri quadrati di terra, stretta tra il mare e i confini, oggi ridotti in gran parte a macerie. Gaza è il simbolo di una devastazione che non ha risparmiato nulla: case, ospedali, scuole, nemmeno le università, cancellate fisicamente dai bombardamenti insieme al futuro di quasi novantamila studenti e centinaia di docenti.
Eppure, in mezzo a tutto questo, c’è chi non si è arreso. Nei campi profughi, in spazi improvvisati, attraverso connessioni internet che vanno e vengono, ci sono stati ricercatori che hanno continuato a insegnare, a studiare, a raccogliere dati. È la scienza che si fa resistenza, la conoscenza che diventa un atto di dignità.
Ma c’è anche un’altra storia che merita di essere raccontata: quella del silenzio. Un silenzio che, come ricorda l’esperto di salute pubblica globale Roberto De Vogli dell’Università di Padova, non è neutralità ma complicità. È il silenzio selettivo di tante istituzioni accademiche e scientifiche internazionali, pronte a reagire altrove ma rimaste in gran parte mute davanti alla distruzione del sistema educativo di Gaza: oltre il 90% delle scuole colpite, diciannove università distrutte o gravemente danneggiate, più di 190 accademici uccisi.
Nel Giardino di Albert ascolteremo la sua voce e quella del fisico Mario Martone, del King’s College di Londra, fondatore di Scientists for Palestine, che da anni lavora per costruire ponti formativi al di là dei muri e delle barriere.
Un racconto che intreccia scienza e diritti umani, ricerca e memoria, silenzi e resistenze. Perché se a Gaza muore la conoscenza, muore un pezzo di futuro che appartiene a tutti noi.