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Gomme
Gian Giannizzero
9 episodes
2 hours ago
Alimentato dal carburante della fede nei motori e drogato dai gas di scarico racconto, a schema libero, emozioni, personaggi, leggende nate intorno ai pistoni che mi hanno appassionato (o che ho vissuto). Sono Gianfranco Bitti.
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Alimentato dal carburante della fede nei motori e drogato dai gas di scarico racconto, a schema libero, emozioni, personaggi, leggende nate intorno ai pistoni che mi hanno appassionato (o che ho vissuto). Sono Gianfranco Bitti.
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Episodes (9/9)
Gomme
Gomme Ep 9: Automobili e Cartoons
I fumetti sono pieni di automobili disegnate male, e la colpa è tutta degli americani
Gli americani disegnano male le automobili, non c’è dubbio. Hanno ottimi disegnatori di fumetti ma quando nacquero i cartoon gli americani delle automobili facevano solo la caricatura.
Le prime automobili dei cartoon della Disney erano morbide pulsanti e infernali ecco perché la 313 di Paperino è cicciona e guastosa e non si ispira a nessuna auto realmente esistita,
l’america poi non smetterà più di disegnare male le automobili Hanna e Barbera nel cartoon la corsa più pazza del mondo, creano automobili brutte e irrealistiche per l’eterno perdente Dick Dastardly, e il suo cane Muttley con il suo ghigno beffardo.
La Batmobile di Batman è ugualmente improbabile, ma dobbiamo riconoscere agli autori il merito di aver seguito il design nel corso dei decenni: prima guida una filante berlina in stile packard degli anni 40, l’unica auto rossa posseduta dall’uomo pipistrello, per passare poi alle grandi pinne posteriori degli anni 60 fino alle più morbide linee degli anni 80 mantenendo sempre la sua immagine dark e le ali da pipistrello.

In Europa per fortuna l’auto si disegna meglio
Il fumetto In Europa è più legato all’arte figurativa, il tratto netto, le storie sono meno caricaturali e le macchine hanno tratti riconoscibili, così sia nelle strisce che nelle graphic novel abbiamo il piacere di scoprire i dettagli, riconoscere le automobili di tutti i giorni a cui i più bravi riescono quasi a dare un’anima, e se sei un appassionato sono soddisfazioni.
Il più brillante è certamente Jean Graton il creatore belga di Michel Vaillant, Michel Vaillant è un pilota che corre, corre con qualsiasi macchina da corsa e vince, risolve misteri, ama, ma soprattutto guida belle macchine disegnate con attenzione e realismo con un tratto che esalta la velocità e racconta le corse come nessuno ha fatto prima,
Graton ha fatto scuola in tutto il continente sia nel tratto che nei suoni onomatopeici, come il vrooooom, lo sckrieeeek, il thump.
Un tratto netto, quasi litografico, a cui si sono ispirati anche i disegnatori italiani di Diabolik,
la Jaguar E type dotata di mille trucchi e la Citroen DS si inseguono irrealmente tra le ville e palazzi di Clerville, senza prendersi mai, ma le due macchine sono proporzionate e realistiche, e alla fine non ci badi se ormai i protagonisti vanno in giro con ambitissimi e riconoscibili pezzi da museo.
A proposito di Diabolik, anche Eva ha una macchina tutta sua, una mini morris che il Diabo non tocca mai perché lei si incazza, o perché a lui fa schifo, morris che è stata rottamata di recente da una addoloratissima Eva per acquistare una banale Lancia Y, roba da impiegati
Restando in Italia c’è Fedele il disegno di Sclavi del cadente maggiolino cabrio di Dylan Dog, targa dyd666. Le Lada 121 lucide di pioggia dei Quaderni Russi di Igort. Le misteriose e perfette auto di Kriminal opera di Magnus e Bunker
Poi c’è Guido Crepax ha accomodato la sua Valentina in una giulietta sprint, perfetta coupè della Milano borghese degli anni 60’.
C’è anche una bellissima graphic novel italiana, Monolyth, illustrata da Lorenzo Ceccotti. che Racconta l’angosciante esperienza di una madre che deve cercare di liberare il proprio bambino dall’abitacolo impenetrabile di un suv in mezzo al deserto.
Oltre ai francesi che hanno creduto nelle graphic novel come nessuno, ci sono anche i giapponesi.
I nippo nei manga esibiscono una precisione maniacale dei dettagli ambientali, panorami, case e automobili natural comprese. Tanto precisi che la prima banalità che direte dopo essere sbarcati in giappone sarà “Guarda un pò sembra di vivere in un manga”
PRIMA DI TUTTO C’è Monkey Punch (pseudonimo di Kazuhiko Katō) che ha introdotto La perfetta fiat 500 fu introdotta Kato per spostare Arsenio Lupin nel suo manga si era reso conto con angoscia...
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4 years ago
9 minutes

Gomme
Gomme Ep. 8: Il rallye dove non arrivò nessuno: Bandama 1972
Non arrivò nessuno dei 45 equipaggi al via, gli organizzatori volevano fare il rallye più duro di sempre e ci sono riusciti: è l'International Bandama Rallye del 1972, in Costa D'Avorio.

Il testo del Podcast:

Quando introducevo qualche giovane volenteroso alla nobile arte della navigazione rally le prime tre cose che gli ficcavo in testa erarno 1 il navigatore non ti fa vincere la gara ma te la può far perdere 2 il rally si vince sulla pedana d’arrivo e 3 “bisogna Superare gli ostacoli incontrati lungo il percorso di propria iniziativa”,
questa terza regola adesso nei regolamenti ufficiali dei rallyes non c’è più, ma ai miei tempi era stata quella che mi aveva fatto innamorare dei rallyes che per me sono quelli su terra, quelli più lunghi e duri come l’East African Safari, la Parigi Dakar, la Abidjan Nizza. Gare che schieravano i team ufficiali e i migliori piloti, ma che ogni tanto però anche quelli dovevano scendere dalla macchina per spingere, scavare o fare una riparazione di emergenza, rischiare la rapina o tirar fuori il machete per liberare la strada dalla vegetazione.
Però il più massacrante leggendario e incredibile di questi rallyes resterà per sempre il Bandama Rally del 1972.
La gara era organizzata dal visionario e maledetto Jean-Claude Bernard un francese con la faccia di Cesare Ragazzi e il fisico da rugbista, Bernard si mette in testa di realizzare un rally africano più duro e selettivo dell’East African Safari .
Per la edizione del 1972 aveva stabilito che i nei 4mila kilometri non stop una media di 100 km all’ora, una media impossibile da tenere sulle comode prove speciali europee, ma completamente folle in Costa d’Avorio, dove le strade praticamente non esistono.
Il cronista di Autosprint Joubert, iscritto alla gara con una renault 16ts ne parla così: Non so cosa volessero dimostrare gli organizzatori, bastava una foratura e rischiavi di finire fuori tempo massimo, in condizioni climatiche e di fondo impossibili, non avevo mai visto nulla del genere

alla partenza ci sono già dei problemi alcuni esperti del posto avevano messo in guardia gli equipaggi, pare che vicino al confine con il Ghana ci siano delle tribù che quando muore il loro capo devono raccogliere sette teste umane per proteggersi dagli spiriti malvagi, era appena morto un capo, quelli quando scende la notte escono a caccia, e buona parte della gara si svolge di notte
La corsa parte lo stesso nel pomeriggio del 28 Dicembre, il Bandama rally è alla terza edizione e il mercato africano fa gola, e così alla partenza ci sono gli squadroni delle case come Peugeot CON 10 MACCHINE ufficiali , renault con 8, quattro Datsun, tre Citroen con in più una inedita versione coupè della DS, e poi ci sono BMW, Fiat, Porsche e altre.
Comunque anche senza i cacciatori di teste la gara è un massacro, le prime due tappe sono 1500 km in una nuvola di polvere e umidità irrespirabile, le buche e i sassi fanno fuori metà dei concorrenti con una strage di ammortizzatori scatole sterzo e supporti motore, sono eliminati piloti del calibro di Makinen, Beltoise, Mikkola, Pescarolo, Guichet.
Alla fine della terza tappa arriva una prima botta di pioggia che trasforma la jungla in fangaia e riescono a uscire intieri solamente tre macchine sulle 45 che erano schierate in partenza : son gli equipaggi Fall Flocon sulla peugeot 504, con soli 54 secondi di ritardo da Mehta Dawson su Datsun 1600sss mentre segue con 1 ora e mezzo di ritardo Karam Mitri anche lui su datsun, sono gente dura, specialisti abituati ad arrivare in fondo alle gare peggiori
I tre superstiti partono per la quarta tappa mentre scende la seconda notte del rally nella jungla, ma non c’è pace: arriva subito un tifone che allaga tutto, la Datsun di Karam Mitri rompe subito e si ritira mentre le fangaie si trasformano in fiumi. La Peugeot di Fall tira fuori Metha dal fango con una corda, e decidono di...
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4 years ago
7 minutes

Gomme
GOMME Ep.7: Odore di vittoria
Percepiamo gli odori con meccanismi fisiologici immediati, agli odori associamo gioie e percepiamo pericoli. In automobile abbiamo sviluppato ricordi legati ad una gamma di odori dai meccanismi magici e capaci di evocare ricordi ancestrali.

Trascrizione testo:
Gli odori dell’automobile
Noi Lo chiamavamo l’odore di vittoria, parafrasando il colonnello Kilgore in Apocalypse now ma quello che esaltava noi
Non era l’odore del napalm, e invece era l’odore degli scarichi delle migliori auto da rally con le loro benzine speciali che emanavano un profumo aromatico, esotico, emozionante come un sovrasterzo di potenza
Nulla come gli odori riesce a richiamare con forza le emozioni che vengono dal profondo
Colpa di Proust, quello che odora una madeleine e tira fuori un capolavoro della letteratura – e infatti si chiama effetto Proust la capacità che hanno certi odori di suscitare ricordi emotivi del passato.
Il bulbo olfattivo ci permette di percepire gli odori, nel nostro cervello è collegato direttamente all’amigdala e all’ippocampo. L’amigdala gestisce le emozioni, l’ippocampo lavora sui ricordi. I’olfatto che è uno dei sensi più misteriosi, è stato uno dei primi ad essersi sviluppato negli esseri viventi, e quindi è direttamente collegato alla sfera emozionale. Un odore è Difficile da spiegare in parole, proprio perché tocca la sfera emotiva molto più di come fanno gli altri sensi. Così per descriverlo sommelier e profumisti ricorrono a similitudini tipo cuoio bagnato, betulla pelargonio, labdano, vaniglia e via così
E quando si parla di automobili, gli odori suscitano emozioni davvero forti.
Partiamo dalla benzina:
L’odore del benzene della benzina pare sia in grado di innescare ricordi passati positivi , come una vacanza trascorsa in famiglia, gite amorose o, come nel mio caso, gli odori dei rallyes, nell’attesa delle prove speciali o nel parco assistenza con i motori che ronfano al minimo. Sensazioni gratificanti e rilassanti che amiamo rivivere, con il benzene che agisce come una droga
un altro classico tra gli odori di automobile è
l’emozione del profumo di auto nuova quando ci sali per la prima volta, è un profumo di iniziazione, di un successo raggiunto, del possesso di un oggetto desiderato.
Un Peccato che la nuance sia causata da una miscela potenzialmente nociva di droghe come Toulene, Etilbenzene Stirene, Xilene Trimetilbenzene. Sono gli odori dei collanti vernici gli isolanti , che richiederebbero di indossare una maschera antigas almeno per le prime tre settimane. Malgrado l’odore della prima volta nella tua auto nuova sia amato da venditori di auto e dai millennials come me, sono odori che spariranno presto perché i giovani acquirenti li trovano sgradevoli e causa di allergie, evidentemente l’acquisto di una auto nuova ha perso molto del suo fascino gratificante di un tempo
così le grandi case si sono messe d’accordo per farli sparire sostituendoli con odori neutri, e aggiungendo magari un leggero profumo di cuoio per dare un tono di lusso alle solite plastiche.
Qualche ditta ha provato a riprodurre l’essenza di auto nuova ma senza successo, e anche gli alberelli profumati che pendono dallo specchietto retrovisore o i profumini da attaccare al cruscotto possono fare poco per rendere emozionanti e olfattivamente attraenti i viaggi in auto
Gli odori che provocano emozioni non si possono riprodurre con facilità, il naso non lo freghi

Ma non di solo benzene e collanti vive l’olfatto del tossico di motori. Ecco allora un vero e proprio campionario:
L’odore ammorbante di benzina bruciata e plastica cotta dal sole delle utilitarie di un tempo, e sei subito proiettato in una gita fuori porta o un viaggio in famiglia
L’aroma aspro del gasolio, e sei bambino su un torpedone azzurro della Sita per in interminabile e tortuoso viaggio
l’adolescenza su ruote rivive con l’odore acre e...
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4 years ago
13 minutes

Gomme
GOMME Ep.6: Carmasutra, cosa è cambiato nel sesso in automobile
Dal boom giovanile degli anni 60' ai siti di dating di oggi, come si è evoluto il sesso da praticare in automobile, prima i guardoni in impermeabile, oggi i brufolosi con lo smartphone. Una rivoluzione del costume tra i colpevoli del crollo anagrafico

Testo del Podcast:

Sesso in auto, il declino
AH fare sesso in utilitaria
il culo sbatte sul cruscotto, il piede si incastra nel volante, il freno a mano fa da appoggio di fortuna quando la gravità si sposta, tiri giù i calzoni che si incastrano, hai la zip che si blocca, ma scivoli, ti riprendi, cambi posizione con una mossa da astronauta, la maglia a mezza vita che non esce, il gomito assume una posizione dolorosa ma non molli la presa e alla fine aahhh ci sei riuscito,
sono state le occasioni ora o mai più della tua adolescenza, finalmente si copula dopo eterni allenamenti solitari, fantasie erotiche oniriche e sconfinate pomiciate preparatorie. Esperienze traumatiche e Indimenticabili
Accoppiarsi in una fiat 500 o 126, mini minor o panda 30 richiede capacità contorsionistiche passione e arrapamento.
Le francesi le citroen 2cv o le dyane e le renault 4, hanno un tubo tra i sedili a panchetta che ha segnato la schiena di legioni di giovani amanti,
sono eventi magici che a questo punto vivono solo nei ricordi, con il tempo hai cancellato le figuracce e le defaiilances dal tempo il tempo
un tempo si diceva
Andare in Camporella,
Andare in Camporella è un concetto bucolico che per millenni ha voluto dire fare sesso fuori da casa, è stato celebrato da ogni forma d’arte e praticato da Giove fino all’ultima pastorella, anche se quel burlone amava trasformarsi in toro
altro che porno, erano scopate su covoni, prati, spiagge, boschi
sesso ovunque purché si facesse lontano dalla caverna nuraghe, baita, baracca, casale, appartamento.
Cioè fuori dalle palle da genitori parenti o coniugi ficchetti e sospettosi.
Perché la camporella è una pratica contraria alla morale della famiglia e della comunità.
Ma gli eroici trombatori clandestini superavano con la foga amorosa la scomodità di appoggiarsi ad alberi, sabbie e tratturi, la durezza e l’umidità della terra e delle rocce, l’esposizione alle intemperie,
La nascita della civiltà urbana però ha allontanato la gioventù focosa dalle campagne dove andare a praticare sesso clandestino.
Ma ecco che in contemporanea con la civiltà urbana è arrivata anche da noi Per fortuna l’automobile di massa.
Prima c’erano i ciclomotori gli ape i vespini i ciao a infrattare in ambiente bucolico la coppia in calore, ma l’unico confort era un plaid steso sulla nuda terra.
Sono stati la patente a 18 anni la utilitaria comprata a rate prestata controvoglia dai genitori, l’emancipazione femminile e una mostruosa repressione sessuale cattolica a spingere il sesso in auto al suo apogeo, alla gloria eterna Dagli anni 60 agli anni 90 piazzuole, belvedere e pinete sono state affollate da sussultanti utilitarie, un terremoto di carrozzerie che ha procreato una parte importante di generazione x e generazione Z. Nelle località isolate e panoramiche rimanevano poi cartacce, preservativi e guardoni, è vero.
Però comodità e privacy erano salite di un gradino importante dopo millenni di traumi, lividi e freddo alla schiena
e poi finalmente un altro grande passo per la giovane umanità trombante, fu l’adozione sedili reclinabili e la radio anche per le utilitarie più scadenti.
Un altro elemento importante per la diffusione del sesso in automobile erano le nuove opportunità sociali unite a qualche libertà in più, finalmente potevamo chiacchierare fino a tardi toccarci sceglierci e vederci: muretti giardini e piazze, discoteche, feste, assemblee, concerti, rave erano tutte occasioni di incontro cazzeggio e corteggiamento.
Noi che a casa non potevamo fare sesso delle utilitarie...
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4 years ago
10 minutes

Gomme
Gomme Ep.5: Rallye di Montecarlo1966, l'imbroglio
Tre Mini Cooper ai primi tre posti, e poi una Lotus, ma per far vincere il Rallye di Montecarlo del 1966 alla Citroen i giudici francesi si attaccano al filamento dei fari escludendo le macchine inglesi. Toivonen vince a tavolino ma, amareggiato, rifiuta il premio e non correrà più per la Citroen
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4 years ago
9 minutes

Gomme
GOMME Ep.4: La misteriosa scomparsa di Rudolph Diesel
Alla vigilia della prima guerra mondiale, il geniale e rivoluzionario inventore del motore senza impianto di accensione Rudolph Diesel sparisce dal traghetto per l'Inghilterra. Saranno stati i suoi ideali, un tradimento o la depressione a decretarne la morte? Neanche il ritrovamento del suo cadavere è riuscito a chiarire il mistero.

Il testo del podcast:

Chi ha ucciso Rudolph Diesel?

Il 18 Giugno 2006 La Audi R10Turbodiesel con telaio dallara vince la 24 ore di Le Mans con i piloti Emanuele Pirro, Frank Biela e Marco Werner,
è la vittoria più prestigiosa nella corsa più prestigiosa del mondo ottenuta con un motore diesel.
La vittoria a Le mans sono sicuro che avrebbe strappato un sorriso compiaciuto All’austero ingegnere Rudolph Dieselperché quello è un altro trionfo raggiunto dalla sua idea di un motore privo di sistema di accensione elettrica.

Siamo nel 1885, e Tutto nasce da una semplice, geniale intuizione:
In un cilindro un pistone comprime una miscela equilibrata di aria e carburante la comprime a tal punto che si accende da sola a causa dell’aumento di temperatura provocata dall’aumento della pressione il gas caldo e fortemente espanso spinge lo stantuffo che, per mezzo della manovella, fa girare il volante.
La maggior parte delle automobili e dei camion oggi viaggia grazie a questo principio, ma a dirlo nel 1890 ci voleva coraggio perché ci avrebbero dato dei visionari e degli illusi. E’ quello che è successo a Diesel quando ha pubblicato il libro intitolato :"Teoria e costruzione di un motore termico razionale, destinato a soppiantare la macchina a vapore e le altre macchine a combustione finora conosciute”
perché le navi, i treni e l’industria in rapidissimo sviluppo marciavano ormai da un secolo a tutto vapore, ma soltanto a vapore, cioè bruciando carbone sotto una caldaia piena d’acqua
E In effetti c’erano ottime ragioni per dubitare del motore a combustione interna con i pistoni e tutto il resto. Perché Non ce n’era uno che funzionasse bene
Il primo motore a combustione interna di Otto e Langen risaliva al 1860, ma non aveva ancora dato risultati sufficienti per un utilizzo pratico, lo stesso autore del libro Rudolph Diesel, riuscì a far girare regolarmente un suo motore solo quattro anni dopo. Ma alla fine ci riuscì, e senza impianto di accensione.
La presentazione ufficiale del nuovo motore alimentato a olio di arachidi venne fatta all'Esposizione Universale di Parigi del 1900, la produzione iniziò subito e il primo motore destinato al mercato fu assemblato all'interno di una distilleria, negli stati uniti
il successo fu enorme: in pochi anni L’adozione dei motori diesel aveva rivoluzionato i trasporti marittim, ferroviari e su strada e aveva ridotto enormemente i costi per la produzione di energia meccanica per l’industria.
Ma chi era questo Rudolph Diesel
intanto un ottimo ingegnere tedesco, geniale e appassionato, che aveva però alcune fissazioni, voleva costruire un motore così semplice da potere essere fabbricato da artigiani indipendenti in concorrenza con le grandi industrie monopolistiche di allora
Diesel aveva studiato il suo motore in modo che potesse utilizzare vari tipi di combustibili che si potessero produrre localmente anche per via agricola, e infatti i suoi motori potevano funzionare anche con vari tipi di olio vegetali e di semi, quelli che oggi chiamiamo biocarburanti
Questa sua idea dei motori era una parte integrante delle sue idee politiche anticapitaliste
Nel 1903 pubblicò un libro dal titolo Solidarismus: Nel libro Diesel propone un'economia solidale, dove i lavoratori si auto organizzano nella produzione di beni e servizi. i ricavi vann versati in una Cassa di risparmio che deve redistribuire gli utili ai soci cittadini. Praticamente il modello di economia sociale adottato dalla germania dopo la seconda guerra...
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4 years ago
8 minutes

Gomme
GOMME Ep.3 Ami 6, La Bella incompresa
Citroen Ami 6, la brutta macchina ossuta e confusa meriterebbe oggi di essere esposta anche lei, come la ds19, nei musei d'arte moderna

Testo del podcast:

Ami6, la Bella
è magra dinamica e nervosa altissima sulle ruote
Se ti avvicini di fronte provi un senso di confusione elementi apparentemente messi insieme senza che si fondano c’è una reticella di metallo con un tagli a v e dietro si intravedono oggetti con forme varie e indipendenti su tutta questa roba è appoggiato un cofano molle come se il calore ce lo avesse liquefatto sopra, si adagia sulle forme sottostanti e quasi cola
di fianco invece due parti diverse in basso un fregio da elettrodomestico di qualche anno fa e nella parte superiore si inclina all’indietro alla colpo di vento
è come descrive la citroen ami 6 Bruno Munari, disainer esperto di comunicazione visiva, capace di restituire poesia alla sconvolgente bruttezza della citroen ami 6
A me da bambino quella macchina nervosa faceva paura ogni frontale di automobile rappresentava una faccia che poteva essere, allegra, triste, da tigre, da pecora
E la ami 6 aveva il volto scomposito di una enorme cavalletta
e c’era anche un’altra cosa che me la rendeva ostileogni volta che la incrociavo per strada era guidata da suore vestite di bianco con il cappello grande con le puntecome certi insetti
da bambino le suore vestite di bianco mi apparivano sempre negli incubi da quando avevo visto in televisione la storia di Maria Diletta Pagliuca, una suora che gestiva un orfanotrofio per bambini disabili che legava torturava e a volte uccideva
le suore erano attratte dalle doti pratiche, il loro fine era il salvataggio dell’anima piuttosto che il rapporto armonico tra parafango e tagli della coda la compravano nella versione tre volumi quella con l’abitacolo tutto schiacciato all’indietro e oggi mi viene da pensare che la preferissero prchè l’ abitacolo schiacciato all’indietro era l’unico che non interferiva con quei loro strani cappelli con le punte

Quando venne lanciata sul mercato nel 1961 la Ami, che in italiano vuol dire amica, amico, lasciò tutti sconcertati per il suo aspetto indisponente.
Lo scultore Agenore Fabbri guarda la Ami 6 socchiudendo un occhio. E commenta: “la parte anteriore ha sua plasticità ed una suggestione adatta al nostro tempo il muso potrebbe essere quello di un mostro spaziale poi però si abbandona a preziosismi in stile 900 con righette decorative sui parafanghi, il tubo sul paraurti anteriore invece è misero e così dal mostro spaziale passiamo ad una carrozzina per bambini

Per la storia del design industriale la ami 6 ha rappresentato un caso di studio della incomprensione tra ingegneri e disainer, è tata il frutto di compromessi tra idee avveniristiche giovanili da fumetto, attaccamenti senili decorazioni nostalgiche
Quando venne lanciata sul mercato nel 1961 la Ami, che in italiano vuol dire amica, amico, lasciò tutti sconcertati per il suo aspetto

Eppure era prodotta dalla stessa Citroen che nel 1955 aveva stupito il mondo lanciando la ds 19, che in francese si legge desse – la dea, un concentrato di tecnologia e design pazzesco, un oggetto esposto ancora oggi nelle gallerie d’arte contemporanea
Ed era sempre la citroen quella che inventò l’ombrello con le ruote la 2CV, dimostrando di saper produrre vetture utilitarie dotate di fascino e personalità.
E infatti L’artista aviatore Roberto Crippa ammette: è brutta, va bene, ma debbo riconoscere che ha un pregio: ha personalità, la individui subito come una citroen”

in quel lontano 1961 nella redazione di Quattroruote i giornalisti della rivista italiana più autorevole dell’epoca davanti al brutto anatroccolo della citroen si saranno chiesti :
“Ma Non è che siamo noi a sbagliarci ? Perchè se il progettista Flaminio Bertoni aveva avuto...
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4 years ago
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Gomme
GOMME Ep.2 Il Processo a Enzo Ferrari
Processate Ferrari. La 355s di De Portago esce di strada durante la Mille Miglia. Degli undici morti e dei numerosi feriti ne risponde in tribunale il costruttore, dipinto dalla stampa come un mostro mitologico.
Testo del Podcast:

Processo a Enzo Ferrari
E quindi tu saresti un “Saturno ammodernato che mette al mondo i figli e poi li divora.“ l’Osservatore Romano descrive così Enzo Ferrari dopo l’incidente di Guidizzolo che vede undici vittime tra cui lo stesso pilota e il suo navigatore, quelli dell’osservatore romano sono gente che pesa le parole e qui hanno pesato macigni
Per un costruttore di automobili da corsa questa è una accusa insopportabile
A te Enzo Ferrari ti sta accusando di assumere piloti e poi mandarli di proposito a morire sulle tue macchine potenti e insicure e mettendoli uno contro l’altro non lo puoi sopportare soprattutto se hai corso in macchina nei tempi in cui erano solo gli eroi a andare in automobile motocicletta o aeroplano, e ti dico che erano eroi incoscienti innamorati del rischio perché morivano come mosche ma tu che poi hai diretto una scuderia e poi sei diventato costruttore e i tuoi piloti non morivano quasi mai sul letto ma morivano come tutti gli altrisulla strada o in pista non lo puoi accettare non lo puoi accettare. Ma cominciamo dall’inizio, dal numero 531.
Il Numero 531, viene dipinto sulle fiancate a pennello con il gesso come si faceva allora, voleva dire che la Ferrari 335 sport pilotata da Alfonso De Portago partiva da Brescia alle 5 e 31 del mattino per correre la 1000 miglia del 1957. Ma La macchina non è mai tornata al traguardo di Brescia. Era uscita di strada a 250 km all’ora e investito la folla di spettatori a Guidizzolo in provincia di Mantova uccidendo 11 tra spettatori e piloti tra cui 5 bambini e facendo numerosi feriti. Quando arrivai a Guidizzolo- racconta Romolo Tavoni il direttore sportivo della Ferrari-
Vidi i resti di De Portago e Nelson accanto a quelli delle altre vittime, c’era rimasto ben poco, una roba orribile.

I giornali avevano esaltato la corsa fino al giorno prima raccontando sia la cronaca sportiva che quella rosa: la 1000 miglia era la corsa più affascinante e popolare dell’epoca, Quella era l’Italia del dopoguerra in piena ricostruzione, che sognava e sognava cose come l’automobile, il frigorifero o le vacanze, e aveva il mito della velocità.
partenza da Brescia, giro di boa a Roma e ritorno a Brescia tra due ali di folla enormi lungo 1600 km 1000 miglia appunto. Alla corsa partecipa anche il bel mondo della dolce vita: assieme ai piloti professionisti corrono nobili e imprenditori,
come il playboy Alfonso De Portago, nobile e scapigliato spagnolo maglietta nera giro collo e bomber in pelle, lo accompagna alla partenza la nuova fidanzatina, l’attrice Linda Christian, idolo dei paparazzi.
Ma dopo l’incidente i giornali si scatenanoGli stessi giornali che avevano esaltato la 1000 miglia, dopo l’incidente andarono all’attacco delle corse e di Ferrari: il Corriere della Sera strilla in prima pagina: La mille miglia cimitero di bimbi e di uomini, basta! Fa da controcanto La stampa di Torino, il giornale della fiat: BASTA COL SANGUE
L’eco è enorme , la Svizzera vieta le gare automobilistiche, in italia si proibiscono le grandi corse su strada e si processa Enzo Ferrari
L’accusa è di omicidio colposo e lesioni gravi. oggi per un imprenditore è normale essere chiamato in giudizio per un incidente sul lavoro o per un difetto nel progetto oppure nella costruzione di una macchina. Ma il processo a Ferrari ha rappresentato una eccezione sia per le qualità del personaggio burbero e leggendario che per gli interrogativi sulla sicurezza nelle corse automobilistiche, domande rimaste senza risposta. La magistratura indaga sulle qualità costruttive della macchina e delle gomme Englebert, si stende l’ombra del sospetto sull’indifferenza di Ferrari...
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4 years ago
7 minutes

Gomme
GOMME Ep.1 Pellegrinaggio a Le Mans
A Giugno, con cadenza annuale, si tiene a Le Mans la corsa di auto più bella del mondo, vi racconto come la vivo e spero di convincervi a venirci anche voi, in pellegrinaggio

Testo del podcast:
Le Mans, il rito

Tertre Rouge, Hunadieres, Mulsanne, Arnage, Maison Blanche. Sono i nomi delle curve storiche del circuito che ripeti come una preghiera mentre macini decine di chilometri, trascinando lentamente i piedi per girartele tutte quelle curve, accompagnato da altri 250 mila penitenti e dall’ululato continuo dei motori.
Ho perso il conto di quanti pellegrinaggi ho fatto qui a Le Mans, per vedere la 24 ore, eppure il desiderio di tornarci è sempre abbastanza forte da comprare il biglietto per tempo, chiedere le ferie, raccattare i soldi necessari, magari cercare compagni di avventura da iniziare al culto, e soprattutto scegliere i miei paladini. In genere scelgo con cura sul programma della corsa, tra la sessantina di iscritti macchine e piloti che partono sfavoriti, infantilmente li valuto dalle facce, persone che immagino lotteranno contro avversari potenti, ricchi e cattivi, fino in fondo, e magari li batteranno, facce che sembrano non conoscere il sorriso.
Nella mia infanzia l’automobilismo, con la sua cupa galleria romantica di eroi che sono morti in maniera sgraziata, mi ha sempre affascinato. Tanto da volerci provare, a fare il cavaliere senza macchia con la tuta e il casco, ho cominciato a correre tardi e con pochi mezzi, fino a quando, tra una prova speciale e l’altra di un rallye mi sono chiesto “cosa ci faccio qui”, che ha decretato la fine della carriera, troppa fatica e poche soddisfazioni.
E perchè invece mi piace Le Mans: I francesi sono sempre stati i più bravi a creare eventi mitologici legati allo sport, loro hanno inventato il tour de France, la parigi-dakar, ma soprattutto la 24 ore di Le Mans, sono tutte e tre competizioni che sono state capaci di trainarsi dietro una scia infinita di racconti e leggende.
Il tour dee France lo seguo sonnecchiante sul divano, i dolci panorami francesi conciliano i miei pisolini pomeridiani di Luglio, mentre la dakar per me, che sono stato un incallito rallysta, ha rappresentato un obbiettivo di carriera irraggiungibile, e questo pensiero mi irrita.
E invece Le Mans, che è ancora più irraggiungibile come pilota, ha mantenuto il suo fascino intatto, dall’epoca d’oro negli anni 60 delle vetture sport, macchine dalle forme morbide e sinuose a coprire delle grandi ruote che disegnavo da bambino, alle forme spigolose e appuntite di oggi.
Ma Le mans vista in televisione non ha senso, va bevuta tutta d’un fiato, e sul posto. Mi piace vedere l’ordine e la pulizia dei box, le camicie stirate e le facce intense degli addetti, e come in una gara così incerta cerchino di mantenere lucidità e voglia di incoraggiarsi a vicenda.
Noi del pubblico, passata la pattuglia acrobatica e la banda con la marsigliese, partita la gara, cominciamo la nostra 24 ore di marce forzate alimentate a salsicce patatine e birra, da una curva all’altra, Tertre Rouge, Hunadieres, Mulsanne, Arnage, Maison Blanche appunto, seguendo con trepidazione e stanchezza crescente le vicende dei rispettivi paladini.
Per gli appassionati di motori, ossia con poche eccezioni, tutti i maschi presenti, la mecca comincia nei parcheggi, dove gli spettatori del nord europa esibiscono i loro specialissimi e rari ferri, ci si ferma a parlare in un esperanto motoristico con gente orgogliosa e allegra di birra.
Si fa presto sera, e la stanchezza fa schiacciare brevi pisolini appoggiati a un muretto, è uno scorrere continuo di macchine e sorpassi, vuoi vederli spuntare in controsole mentre passano sotto il ponte dunlop e seguirli mentre schizzano verso il rettilineo di hunadieres, unica zona vietata al pubblico.
Qui si va a dormire sfiniti con il rombo nelle orecchie, e ci si sveglia presto per vedere l’alba della gara, i...
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4 years ago
6 minutes

Gomme
Alimentato dal carburante della fede nei motori e drogato dai gas di scarico racconto, a schema libero, emozioni, personaggi, leggende nate intorno ai pistoni che mi hanno appassionato (o che ho vissuto). Sono Gianfranco Bitti.