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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Giuseppe Cocco
1000 episodes
3 days ago
PENISOLABELLA l'Italia raccontata da Giuseppe Cocco Borzone de Signorio Sabelli, divulgatore geografico, storia e storie dei viaggiAutori del Grand Tour, per conoscere l'Italia minore con la M maiuscola, più grande giardino emozionale diffuso.

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PENISOLABELLA l'Italia raccontata da Giuseppe Cocco Borzone de Signorio Sabelli, divulgatore geografico, storia e storie dei viaggiAutori del Grand Tour, per conoscere l'Italia minore con la M maiuscola, più grande giardino emozionale diffuso.

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Episodes (20/1000)
Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
La marrana e il morbillo da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
Fino a non molti anni fa, Roma era ancora una città chiusa in un deserto pastorale, fatto di campagna solitaria, di distese bruciate, di ondulazioni giallastre, di paludi e di boschi. 
La città finiva improvvisa e cominciava la campagna antica, popolata di greggi: una natura naturale, piena d'incanto, di silenzi ed insidie.
Questa natura si è allontanata tanto che a stento la si può raggiungere o ritrovare, e soltanto in qualche suo resto o residuo.
Ancora dieci anni orsono, le greggi transumanti attraversavano il centro di Roma nelle stagioni dei viaggi, scendendo dai pascoli delle montagne, verso le piane invernali: le vedevo camminare nella notte nella piazza del Pantheon, udivo di lontano, nell'ombra, il loro passo, simile a un mormorio.
E ancora nei prati della Villa Doria Pamphili svernavano i pastori nelle loro capanne di paglia e di frasche.
Ora, i greggi, ben più numerosi, delle automobili, hanno occupato tutte le strade, sbarrando il passo agli animali.

Luoghi narranti narrati o citati: Piazza del Pantheon - Villa Doria Pamphili - Monte Mario - Quartiere San Basilio

Se VUOI puoi cliccare sul link che trovi qui sotto per ASCOLTARE tutti i podcast di «Roma fuggitiva» https://penisolabella.blogspot.com/2025/10/roma-fuggitiva-tra-1951-e-1963-di-carlo.html 

È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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3 days ago
7 minutes

Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Gli ebrei di San Nicandro da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
Maggio 1951

La ferrovia che da Gioia del Colle porta a Gravina attraversa un paesaggio brullo e malinconico. 
Gli orti, gli agrumeti, i filari di alberi da frutta, che si succedevano senza intervalli, lungo la costa, fino a Bari, hanno ceduto il posto, nell'interno, ha una terra da cui affiora una pietra grigia e porosa come quella della pomice.
Con queste pietre i contadini hanno costruito muretti per delimitare i fondi o hanno elevato grossi mucchi sul terreno.
È la terra delle Murge, l'altro volto della Puglia, quello che essa ha in comune con il Mezzogiorno agricolo arretrato e depresso.
Su questo terreno sassoso pascolano le greggi e gli olivi gracili sembrano alberi selvatici, dove sorge qualche casale che pare abbandonato.
Gravina è all'inizio di un altopiano dove la pietra è scomparsa e il terreno è verdeggiante e più fecondo.
La strada che conduce il paese è larga e in discesa.
Sui muri delle case sono affissi dei manifesti semi strappati: alcuni inneggiano a De Gasperi e al ministro Petrilli, che è venuto giorni fa a tenere un discorso sulla riforma agraria, altri ai Comitati della terra, organizzati dai comunisti.
Un grosso avviso annuncia che il territorio di Gravina è stato compreso nella legge stralcio.
Oggi, che è domenica, i carretti riposano in fila, con le stanghe in aria, dinanzi alle stalle, stanzoni dove sono depositate le selle e sono allineati alle mangiatoie cavalli e muli.
La strada è piena dell'odore della paglia e del letame.

Luoghi narranti narrati o citati: San Severo - San Nicandro (Garganico) - Gargano - Corso Umberto I - Apricena

Se VUOI puoi cliccare sul link che trovi qui sotto per ASCOLTARE tutti i podcast di «Baroni e contadini» https://penisolabella.blogspot.com/2025/11/baroni-e-contadini-di-giovanni-russo.html
 
“Baroni e contadini", insieme con i “Contadini del Sud" di Scotellaro e “Le parrocchie di Regalpetra” di Sciascia, è stato tra le più importanti testimonianze sul Mezzogiorno. Giovanni Russo mette a confronto il Sud del dopoguerra con le sue miserie secolari e il suo patrimonio di civiltà e di lotte sociali con i temi centrali della questione meridionale degli anni Ottanta.

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3 days ago
34 minutes

Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Il calzolaio di Gravina da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
Maggio 1951

La ferrovia che da Gioia del Colle porta a Gravina attraversa un paesaggio brullo e malinconico. 
Gli orti, gli agrumeti, i filari di alberi da frutta, che si succedevano senza intervalli, lungo la costa, fino a Bari, hanno ceduto il posto, nell'interno, ha una terra da cui affiora una pietra grigia e porosa come quella della pomice.
Con queste pietre i contadini hanno costruito muretti per delimitare i fondi o hanno elevato grossi mucchi sul terreno.
È la terra delle Murge, l'altro volto della Puglia, quello che essa ha in comune con il Mezzogiorno agricolo arretrato e depresso.
Su questo terreno sassoso pascolano le greggi e gli olivi gracili sembrano alberi selvatici, dove sorge qualche casale che pare abbandonato.
Gravina è all'inizio di un altopiano dove la pietra è scomparsa e il terreno è verdeggiante e più fecondo.
La strada che conduce il paese è larga e in discesa.
Sui muri delle case sono affissi dei manifesti semi strappati: alcuni inneggiano a De Gasperi e al ministro Petrilli, che è venuto giorni fa a tenere un discorso sulla riforma agraria, altri ai Comitati della terra, organizzati dai comunisti.
Un grosso avviso annuncia che il territorio di Gravina è stato compreso nella legge stralcio.
Oggi, che è domenica, i carretti riposano in fila, con le stanghe in aria, dinanzi alle stalle, stanzoni dove sono depositate le selle e sono allineati alle mangiatoie cavalli e muli.
La strada è piena dell'odore della paglia e del letame.

Luoghi narranti narrati o citati: Gioia del Colle - Gravina (in Puglia) - Museo Santomaso - Murge - Altamura

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“Baroni e contadini", insieme con i “Contadini del Sud" di Scotellaro e “Le parrocchie di Regalpetra” di Sciascia, è stato tra le più importanti testimonianze sul Mezzogiorno. Giovanni Russo mette a confronto il Sud del dopoguerra con le sue miserie secolari e il suo patrimonio di civiltà e di lotte sociali con i temi centrali della questione meridionale degli anni Ottanta.

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Calcio e letterati da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
L’influenza avvolge la città di Roma come una bruma sottile di tiepide goccioline di sudore: un'influenza leggerissima, quasi inesistente, una febbretta che se la misuri scompare, una stanchezza che non sai se venga di dentro o di fuori, dal tempo incerto e mutevole, dalla fatica o dalla minuscola epidemia; una sorta di noia, o disgusto che non sai se venga dallo spirito e dalla moda letteraria del tempo o dai nuovissimi virus che si diffondono invisibili. 
In questo stato di incertezza svogliata, mentre non sai se devi considerarti sano o malato, se devi stare a letto o alzarti ed uscire, e ogni gesto e azione sembra pesantissima, ogni odore e sapore disgustoso, ogni desiderio incomprensibile, e il senso interno del corpo fa del mondo di fuori una specie di ovatta umida e caldiccia, nella quale gli interessi più urgenti si affidano a una pazienza rassegnata al domani, il telefono tuttavia squilla, ancora più fastidioso del solito, portando, come pesi malaticci, gli altrui bisogni, le sollecitazioni, le richieste, gli affetti. 

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È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
I giocattoli giapponesi da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
Col passare degli anni, le feste, le grandi feste collettive, devono apparire, a chi invecchia, sempre meno gradevoli e tollerabili, sempre più obbligatorie, rituali e conformistiche, sempre più prive, fino a mancarne del tutto, di quell’aria di attesa e di speranza, di quel piacere dell'azione comune e dell'occasione, di quel vago immaginare degli incontri e delle scoperte, che gli rimangono soltanto come un dolente ricordo dell'età giovanile e perduta. 
E certo il conformismo della festa è un fatto reale per chi in altri tempi l'ha vissuta o contemplata, poiché essa, salvo trascurabili varianti della moda, si ripete identica nel suo carattere rituale, ed è nuova soltanto per i nuovi giovani che, hanno per anno nuovi, prendono il posto, sul selciato di Piazza Navona, dei vecchi che si ritirano e si chiudono a chiave nei loro case.
La Befana di Piazza Navona, la più grande festa dell'anno, la più romana, la più antica, col suo frastuono agreste e pagano, i fischietti come migliaia di grilli nella notte estiva del freddo inverno, e il rumore roco delle raganelle, il verso campestre delle chiocce sull'aia, e tutti i pulcini di Roma che guardano i palloni e i lumi, è una vera immagine dell'eterna immutabilità.

Luoghi narranti narrati o citati: Piazza Navona

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Le bandiere di San Severo da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
Maggio 1951

San Severo è un paese vasto, intersecato da lunghe strade, che si aprono tra file di case costruite senza una precisa architettura. 
Si è esteso, come tutti i paesi del Tavoliere, senza una regola.
Conta 50.000 abitanti. I proprietari e in genere il ceto medio, impiegati e commercialisti, abitano quasi tutti al centro.
Nei «riali», che si prolungano fino all'estrema periferia, sono le abitazioni dei contadini poveri e dei braccianti.
Alcune di queste strade si chiamano con nomi significativi: Via Perseveranza, Via Progresso, Via Libertà, Via Riforma.
Qui, in una stanza, il sottano, vive una famiglia di dieci persone, a volte con l'asino o il mulo accanto al letto.
All'alba gli uomini partono, con la zappa legata al manubrio di una vecchia bicicletta, per la vigna o il pezzo di terreno, lontani, a volte, molti chilometri.
La mattina presto, per le strade del paese, i garzoni dei vaccari portano a vendere il latte a domicilio agitando un campanaccio, di quelli che si mettono al collo delle mucche.Anche l'acqua si vende a domicilio.
Per la maggior parte le case di contadini sono prive di condutture di acqua e le fontane pubbliche sono poche.
Per 10 lire si acquistano dall'acquaiolo 20 litri di acqua buona.
Ma il progresso si è stabilizzato solidamente a San Severo, come dimostrano le numerose insegne luminose al neon.
All'imbrunire i negozi del Corso e i bar della Piazza del Municipio accendono la insegne luminose.

Luoghi narranti narrati o citati: San Severo - Via Riforma - Piazza del Municipio - Camera del Lavoro - Foggia

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Il colcos di Pocaterra da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
Marzo 1950

Tonini è un contadino padovano di una quarantina d'anni.
Parla con quel dialetto stretto che usano nelle campagne venete e, anche quando si esprime in italiano, pronuncia le parole con una cadenza canterellante.
È seduto sul muricciolo dinanzi al magazzino del consorzio a Borgo Sabotino, uno dei sedici borghi dell'Agro Pontino, che porta come tutti gli altri il nome di un campo di battaglia dell'altra guerra.
Sono con lui altri quattro coloni tutti veneti.Borgo Sabotino è a pochi chilometri dalla costa e possiede una spiaggia frequentata d'estate dalle famiglie degli impiegati di Latina con cui è collegato da una corriera che passa puntualmente alle nove e alle quattordici.
È il centro sociale della zona dove la domenica vengono dai poderi vicini i coloni a riempire le due osterie e a vedere il cinema: vi sono la chiesa, il mulino e cinque case costruite alla maniera di quelle di Latina.
Ma qui la campagna e la presenza dei coloni fa sentire il pulsare di una vita.
Qui, nel 1934, quando le case erano ancora fresche di calce, furono trasferiti direttamente dai loro paesi Tonini e gli altri coloni.
Ma, dopo sedici anni, si sentono ancora estranee, come delle piante sradicate che non abbiano affondato completamente le nuove radici.
Il fascismo tentò nell'Agro, fino al 1941, un vero e proprio esperimento di collettivizzazione agricola.
«Era una specie di colcos», dice Nardin per rendere l'idea.«Ma noi non siamo fatti per i colcos».

Luoghi narranti narrati o citati: Borgo Sabotino - Latina - Anzio - Aprilia - Borgo Piave - Sabaudia - Pontinia - Pomezia

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Le tarme da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
In nessun luogo come a Roma, forse, si lanciano dalle finestre, dalle terrazze, dai tetti, al finire dell'anno, tanti oggetti, che, fracassandosi sui selciati, simboleggiano il male, e il massimo dei mali: il tempo. 
Non li si gettano con la distaccata abitudine rituale di altrove, ma come una specie di ferocia diretta e quasi di personale violenza, che non si sa se sia rivolta piuttosto contro gli oggetti stessi che vengono lanciati, o la terra su cui precipitano, o gli immaginari nemici sconosciuti che si fantasticano esistere per le strade, o il gesto solo di lanciarli, o se stessi; o (forse perché si scelgono per questo uso oggetti non più nuovi, già segnati dal tempo, piatti fessurati, bicchieri incrinati, bottiglie vuote, mobili tarlati: cose tutte, almeno in parte, già morte, o vecchie, che devono come gli anziani, i padri e le madri di certe tribù selvagge, essere scaraventati dal tetto) con una ferocia che nasce altro che da una forma magica di amore.

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È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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Incontri in Calabria da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
Gennaio 1950

La stazione Le tappe del mio viaggio nel Crotonese sono contrassegnate dalle lunghe soste alle stazioncine disseminate lungo la ferrovia. 
Mi passano dinanzi agli occhi le facce del capostazione di Cassano, di quello di Pietrapaola e di quello di Strongoli.
Bisognerebbe scrivere la storia di questi eremiti moderni.
D'inverno un vento forte che viene dal mare batte le costruzioni isolate e sembra stia sempre per strapparle via, di peso, rotolandole lungo le gobbe del terreno.
D'estate il sole cade a picco, le inchioda mentre, intorno, tutto è terra bruciata e le selci bianche, tra le traverse dei binari, rimandano splendori allucinanti.
Qui vivono per anni il capostazione, l'applicato, il manovale, tutti i giovani che cominciano la carriera. Il cappello, con fregio dorato e la cupola rossa, è appeso a un chiodo sotto il vecchio orologio.
La moglie del capostazione, la sera, rammenda i calzini con il filo di un grosso gomitolo nero, sotto il lume a petrolio che sostituisce la luce elettrica che spesso manca.

Luoghi narranti narrati o citati: Cassano (Allo Ionio) - Pietrapaola - Strongoli - Crotone - Sibari - San Nicola dell’Alto - Taranto - Catanzaro - Reggio Calabria

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Sostanza e accidente da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
Ci sono al mondo delle cose che appaiono meravigliose, tanto più quanto lontane dalla nostra abituale esperienza; e che, per via delle coincidenze, o permanenze, e accostamenti tanto evidenti quanto imprevedibili, fanno chiara la verità. 
Venerdì scorso avevo passato gran parte del pomeriggio immerso nei libri di Stendhal, occupato come ero a finire urgentemente un saggio-prefazione per la traduzione di “Roma, Napoli e Firenze”: uscito poi di casa, tutto pieno l'animo e la mente di quelle sue folgoranti considerazioni italiane, delle sue immagini di questa terra così amata, fatta di passione di energia sublime e di naturalezza sotto l’estranea crosta del passato, di questa patria sua e nostra di uomini veri e vivi e di governi anacronistici, mi avvenne di trovarmi in Piazza del Popolo (in questa piazza che a Stendhal non piaceva) mentre vi si svolgeva l'ultimo comizio: e mi trovai, come per un miracolo, fisicamente avvolto in questo mondo di centocinquanta anni fa.

Luoghi narranti narrati o citati: Piazza del Popolo

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Dopo la festa da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
Così, le Olimpiadi sono finite, e anche Roma ritorna alla vita di ogni giorno, come tutte le città e i villaggi e le campagne, dove non c'è stata, dove non c'è mai vacanza dal lavoro e dal bisogno. I giochi sono stati uno spettacolo bellissimo da ogni punto di vista: colori di pace, bandiere, forza, giovinezza, affascinante misura della potenza ai limiti dell'uomo.
Sono stati uno spettacolo così bello, che perfino i vecchi romani impenetrabili, queste tartarughe catafratte, queste lucertole sui loro muri incrostati di tempo, hanno finito per interessarsene.
Uno di questi vecchi diceva, al caffè, il primo giorno, al principio dei giochi: «’Sta fiaccola, ma ‘sta fiaccola che è? Io vorrebbe essere Nerone, che ce ne avessi mille de ‘ste fiaccole pe da’ foco a tutto».
Ma già un altro vecchio gli replicava che «’Sta fiaccola gli aveva fatto sentire ‘na cosa qui», a vedere quei giovani che «facevano puro 10 chilometri all'ora» e si davano il cambio, sul Corso, a portarla correndo come il vento.

Luoghi narranti narrati o citati: Corso - Arco di Costantino - Via dell’Impero - Obelisco di Axun (era prospiciente il Circo Massimo ma fu restituito all'Etiopia) - Castel Sant’Angelo - Monte Mario - Albergo Hilton - Via Olimpica - Viadotto di Nervi - Villaggio Olimpico - Palazzo dello Sport - Palazzetto dello Sport - Velodromo

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
La gerarchia del latifondo da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
Gennaio 1950

A Isola Capo Rizzuto è possibile cogliere l'articolazione sociale ed economica del latifondo calabrese, scrutare gli intricati rapporti che legano gli uomini alla terra.
Qui la proprietà non ha subito nessuna di quelle frane che si sono verificate in altri paesi del Crotonese, ed è ancora legata ai vecchi nomi baronali dei Baracco, dei Berlingieri, dei Galluccio, dei Gaetani, che continuano a governare da secoli con i loro scrivani, i loro tavoli tarlati, i vecchi registri polverosi.
Isola Capo Rizzuto dista venti chilometri da Crotone, ma è come se fosse distante da ogni centro civile.
È veramente un'isola in un mare di terra desolata, che si estende monotona allo sguardo, interrotta solo darà dei piantagioni di olivi e da boschetti di alberi infruttiferi davanti a cui è posto un cartello: «Divieto di caccia».
Queste tre parole sono le uniche scritte che si leggono insieme con le lettere DDT marcate sulle porte delle case, per le strade che portano i paesi del Crotonese. I boschetti, come le grandi tenute di Oliveto della Portella del barone Galluccio o quella di Policoro del barone Berlingieri, sono riservati alla caccia.
Presso Isola il barone Baracco possiede un bosco dove è ancora possibile incontrare dei danni.
La caccia è, in realtà, l'unica passione della nobiltà calabrese.

Luoghi narranti narrati o citati: Isola Capo Rizzuto - Crotone - Oliveto della Portella - Policoro - Strongoli - Cutro - Melissa - Sila - San Giovanni in Fiore

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“Baroni e contadini", insieme con i “Contadini del Sud" di Scotellaro e “Le parrocchie di Regalpetra” di Sciascia, è stato tra le più importanti testimonianze sul Mezzogiorno. Giovanni Russo mette a confronto il Sud del dopoguerra con le sue miserie secolari e il suo patrimonio di civiltà e di lotte sociali con i temi centrali della questione meridionale degli anni Ottanta.

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Un paese solitario da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
Dicembre 1949

Le stazioni della linea ferroviaria Sibari-Crotone portano i nomi di paesi invisibili, nascosti fra le curve dell'Altopiano. 
Pietrapaola è una di questi paesi, a sessanta chilometri da Crotone, e la sua stazione è uno dei tanti piccoli dadi disseminati lungo la ferrovia in aperta campagna, di fronte al mare deserto da cui i gabbiani volano a volte fino a terra a mescolarsi coi passeri.
Qualche casamatta in cemento armato, colle occhiaie vuote di cannone, e qualche fosso anti sbarco testimoniano che qui durante la guerra c'erano stati degli uomini.
Ora la campagna è deserta come il mare, senza una casa.Solo qua e là la terra, coperta di stoppie, cambia di colore seguendo il lento cammino di coppie solitarie di buoi.
Finiscono qui le terre dei Barraco, dei Berlingeri e dei Galluccio per cominciare quelle di Pietrapaola.
Sono l'unico viaggiatore che scende alla stazione di Pietrapaola.
Non c'è nessun mezzo di trasporto per salire al paese. Il capostazione, il manovale e un oste che vende il vino per i braccianti che lavorano sulla ferrovia mi si fanno incontro con meraviglia. Nessuno ha neppure un carretto.
Solo il postino dispone di un vecchio asino che sta caricando con il sacco della posta e una cassa che è arrivata per il prete.
Mi rivolgo a lui per chiedergli se può procurarmi almeno un asino per il viaggio.
È un giovane basso e magro, vestito come una giacca di velluto verde e un paio di pantaloni stinti.
Mi risponde con un sorrisetto che anche con un asino non sarà possibile arrivare al paese prima del tardo pomeriggio.
E siamo appena alle undici di mattina.

Luoghi narranti narrati o citati: Pietrapaola - Crotone - Stazione di Pietrapaola - Mandatoriccio - Tarsia - Rossano

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Un bambino che vola da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
Sotto il sole tardo dell'estate, anche la vecchia faccia di Roma è cambiata. 
Allegri e bandiere si muovono al vento, e le insegne, o gli stemmi, le bande, le strisce, le stelle, le falci, i martelli, i soli, le mezze lune, i colori di tutte le nazioni; e un popolo di atleti si accampa, alcuni bellissimi, i campioni armoniosi e sereni, molti comuni gli aspetto, simili agli uomini di tutti i giorni, altri in qualche modo condizionati nella forma agli esercizi in cui eccellono, corpi lisci di pesci, teste rotonde, colli di tori o di tartarughe, farfalle, grilli, giraffe, giganti e nani; visi lucenti, visi calmi, o nervosi e tesi; occhi azzurri e occhi neri; fogge di ogni paese; così come essi sono, grandi e piccoli, superbi e modesti, i migliori della terra.
Tutto è stato detto, in questi giorni, delle Olimpiadi: del bene e del male, delle glorie e delle speculazioni, del valore e dei vani discorsi, dello sport e degli affari, della pace e della retorica.
Ma questo popolo variopinto e robusto che è passato di qui, che cosa ha lasciato?
Alcune immagini che toccano il cuore e la fantasia: l'apparizione fisica e visibile della felicità.

Luoghi narranti narrati o citati: Palazzo dello Sport

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È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
San Lorenzo e San Paolo da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
Pesa l'estate con nubi giallastre di caldo nel cielo greve, che un vento alto, africano, trascina e disperde: poi, improvvise, mutano le correnti dell'aria, e un fresco subitaneo sopraggiunge, come una vitale contraddizione. 
Roma sta, assolata, imbandierata, fracassata, trasformata in un labirinto senza filo, sotto quelle ventate transitorie, in attesa delle Olimpiadi, della gente di ogni colore che verrà: forse, piuttosto, senza alcuna vera attesa, né curiosità per quella invasione multicolore.
Nelle sue strade, impraticabili e obbligate, sembra che Roma si prepari, senza mutamenti, come ogni anno, alla deserta solitudine dei giorni festivi, ma forse anche lei qualche cosa si direbbe mutato: un interesse, una speranza, un interno movimento.
Più che mai la vita vi si svolge su due piani contemporanei e lontanissimi: l'uno, apparente di differenza, sicura dell'eternità del tempo, contenta del quotidiano, pressante del diverso che pretende essere nuovo; l'altro nascosto di sentimenti radicati umani, di dignità e di modesto orgoglio.

Luoghi narranti narrati o citati: Porta San Paolo

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È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Don Giovanni e il lotto da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
Agosto 1949

A chi viene dalla via Stella Polare, ai margini di Napoli, dove sono larghi spiazzi ripuliti delle macerie delle case distrutte, Borgo Loreto appare come un quartiere orientale col suo agglomerato di catapecchie da cui emerge il campanile della chiesa della Madonna del Carmine. 
In una via di Borgo Loreto, che era durante l'occupazione uno dei quartieri più malfamati di Napoli, mi aspettavano Don Giovanni il Boia e Pascale ‘o Salaiuolo.
Don Giovanni il Boia è uno di quelli che è riuscito a salvarsi dalla crisi generale determinatasi a Napoli, dopo la partenza degli alleati.
Non fa nessun mestiere particolare ne ha messo su un commercio con i soldi guadagnati alla borsa nera, sfumati anche per lui come è capitato a tutti, ma ha trovato il mezzo di vivere ancora «in quella maniera»; a lui fanno capo infatti i giornalisti e i fotografi americani desiderosi di penetrare nei bassifondi, di fotografare gli scugnizzi che dormono all'addiaccio e a lui fanno capo i registi dei film realistici.
In questi giorni a Napoli se ne stanno girando due e le macchine da presa sostano in Galleria o in mezzo alle strade: da poco Don Giovanni ha finito di lavorare in uno di questi.
Egli è capace di pescare tutto ciò che un regista cinematografico può desiderare: figli soldati negri, bande di scugnizzi e di pezzenti, tutte comparse brave e a poco prezzo.
E, in realtà, con Giovanni il boia è possibile cogliere un altro degli aspetti di questa Napoli del dopoguerra, penetrare nel sottosuolo della città per distinguere sotto la folla anonima il filone di coloro che la miseria ha spinto alla malavita, alla truffa e alla prostituzione.

Luoghi narranti narrati o citati: Via Stella Polare - Borgo Loreto - Chiesa Madonna del Carmine - Galleria - Borgo Sant’Antonio - Via Veneto - Santa Lucia - Nola - Madonna di Montevergine - Piazza Garibaldi - Granili - Grotte di Mergellina - Chiostro di Monteoliveto - Palazzo della Posta - Porto - Bar Falco

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
Il risveglio di Napoli da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
Agosto 1949

Il dottor E.G. appartiene alla buona società napoletana. 
È un giovane intelligente che dirige un importante ufficio della città.
È iscritto al circolo dei canottieri e ogni domenica assiste alla partita di pallanuoto che ha luogo nello specchio di mare di Santa Lucia, vicino alla Bersagliera e a Zi’ Teresa, tifando per il suo club.
Talvolta, quando il lavoro glielo permette, si reca a consumare un gelato da Caflisch al lungomare, con gli amici, figli di industriali o giovani appartenenti alla vecchia nobiltà napoletana, che hanno conservato le abitudini di una tradizione di ricchi.
Il dottor E.G. mi accompagnerà in un giro per Napoli.
E.G. infatti, anche se indossa ora un bel vestito grigio e una linda camicia di seta, fino a due o tre anni fa si poteva trovare tutto nero e sporco in un basso della Napoli vecchia, tra Forcella e Porta Capuana, in un vicolo stretto come un budello e privo di sole, Vico Maiorana.
Lì vendeva carbone per sostenere sé e la sua famiglia che aveva perduto ogni altro mezzo di sussistenza.
Ripercorriamo ora queste strade e la nostra passeggiata a tutto il senso di un reale ritorno.

Luoghi narranti narrati o citati: Napoli - La Bersagliera (dal 1919 ristorante) - Zi’ Teresa (ristorante) - Caflisch (Luigi 1825) - Forcella - Porta Capuana - Vico Maiorana (Maiorani) - Borgo Loreto - Pallonetto - Via Mariano Semmola - Gradelle di Santa Barbara - Vomero - Via Roma - San Gregorio degli Armeni - Navalmeccanica - Ilva di Bagnoli - Capri

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La luna nuova da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
Le immagini passano presto, svaniscono nell'ombra della memoria, quando, ogni giorno, altre le raggiungono e vi si sovrappongono, in un fluire tutto pieno, come le acque compatte e sempre nuove di un fiume rapido e tumultuoso. 
Ma quella della notte del 13 settembre, dove tuttavia nulla avvenne che potesse essere visto con gli occhi, non si nasconderà nella nuvola del tempo.
Fu una notte commovente di sentimenti arcani, più vaghi, profondi e oscuri che il brillare fantasticante dell'immaginazione.
Tutti guardavamo la luna: una luna di tre quarti, limpida nel cielo sereno, con le sue figure e le sue macchie dove tutti hanno disegnato nei secoli visi e e spine a se stessi; con la zona scura verso la destra dove ci pareva di vedere un cane accucciato, e che avremmo saputo poi chiamarsi col nome del Mare della Tranquillità, della Serenità, dei Vapori.
Era la luna bianca e fredda di ogni notte: ma l'attesa la faceva apparire diversa, come se fosse l'ultima volta che la si contemplava, ed essa potesse a un tratto scomparire.

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Italia questa sconosciuta
Prendo spunto da una trasmissione radiofonica odierna, durante la quale ho ascoltato, una volta di più, annaspare i conduttori e gli ascoltatori alla ricerca della geografia perduta della nostra penisola.
Già qualche giorno fa, nel mio lavoro quotidiano di ricerca dei luoghi italiani da suggerire agli ascoltatori dei miei podcast dei diari dei viaggiAutori del Grand Tour in Italia, mi era venuto di pensare come Google Map, pur(troppo) nella sua precisione, abbia rovinato la visione del contesto geografico che offre una mappa geografica cartacea; certo, c’è la possibilità di cliccare sul tasto che allarga la visuale, ma chi lo usa?
Allora, facciamo in breve un po’ di ordine e chiarezza!
L’Italia è costituita da 20 regioni: 15 a statuto ordinario e 5 a statuto speciale.
Se vuoi una visione completa sull’argomento Italia ti consiglio di andare sul mio sito Penisolabella alla pagina https://penisolabella.blogspot.com/p/italia-in-cifre.html

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Viaggio d'estate da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
L'estate, quest'anno, è scesa su Roma, pesante, spietata, come un oggetto invisibile che grava sulle cose; come se l'aria fosse solida, e premesse sulle spalle degli uomini come l'età, le cure, o la malattia: come uno zaino militare in una sudata marcia senza fine. 
Nuvole grigiastre e confuse si formano nel cielo, come minacce incerte, e svaniscono nell'afa.
Sotto la vampa del sole, l'erba dei prati di Villa Borghese intristisce e perde il suo verde; la terra diventa polvere: sulla polvere e gli steli ingialliti giacciono le carte delle merende passate, gli avanzi di pane secco, invasi dalle formiche.
All'ombra dei grandi platani, stanno stesi, abbandonati come dei cadaveri, con un giornale sul viso, dei corpi umani: i loro sonno e così ostinato, volontario, deliberato, testardo, senza riserve, che assomiglia alla morte: qualcuno, cercando maggior frescura, si sceglie, per giacere, qualche fossa erbosa, dove il sole è forse meno feroce.
È un grande prato, riservato alle passeggiate libere dei cani, che vi possono scorrazzare a loro piacere, e annusare odori deliziosi, e fingersi in remoti campagne selvagge, e inseguire le ombre, felici illusioni infantili.

Luoghi narranti narrati o citati: Villa Borghese - Pozzuoli - Tivoli - Giardino Zoologico

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Penisolabella viaggi nell'Italia sconosciuta
PENISOLABELLA l'Italia raccontata da Giuseppe Cocco Borzone de Signorio Sabelli, divulgatore geografico, storia e storie dei viaggiAutori del Grand Tour, per conoscere l'Italia minore con la M maiuscola, più grande giardino emozionale diffuso.

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