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Speranze e Fermenti -Arte a Torino dopo il 1945
Fondazione Giorgio Amendola
5 episodes
4 hours ago
Al termine del secondo conflitto mondiale e a Liberazione avvenuta anche a Torino, nelle generazioni più giovani di artisti, che non avevano avuto alcun contatto con la politica culturale del fascismo, scaturisce spontaneo l’anelito di rigenerazione del loro linguaggio espressivo. Implicitamente si tenta di riannodarsi all’esperienza figurativa italiana degli anni trascorsi tra le due guerre, provando a far riaffiorare quanto di valido ancora è sopravvissuto alla visione asfittica di un regime isolato su posizioni arretrate.  Il ritroso rinnovamento della cultura figurativa torinese del secondo dopoguerra non è stato soltanto una reazione all’involuzione di Novecento, ma si è focalizzato soprattutto attorno al problema di raggiungere una coerenza con contenuti e linguaggi attuali e a operare nell’ambito di una cultura artistica internazionale collegata alla tradizione moderna dalla quale gli artisti erano rimasti, sino a quel momento, appartati o esclusi. Questo podcast prende in considerazione un arco temporale circoscritto al decennio 1945-1955, e si conclude con un evento: la mostra Niente di nuovo sotto il sole alla galleria La Bussola che idealmente segna, pur con differenti premesse critiche, il debutto a Torino della lunga stagione dell’Informale.Occorre però procedere con cautela in questa narrazione, accennando alle linee di sviluppo dell’arte torinese tra il 1915 e il 1931. Si risale dunque alle prime testimonianze di uno spirito moderno e si prosegue, attraverso il tessuto storico di esperienze, verso i traumi della guerra, che non hanno significato tuttavia fratture definitive con il passato, ma persistenze, riaffioramenti e rielaborazioni dei solchi segnati anni prima dalle ricerche artistiche. La Fondazione Giorgio Amendola di Torino e il Comune di Torre Pellice con Speranze e fermenti. Arte a Torino dopo il 1945, a ottant’anni dalla Liberazione, realizzano un progetto di mostra itinerante, a cura di Luca Motto, che mette in luce la Ricostruzione artistico-culturale attraverso le voci di pittori e scultori che hanno operato a Torino nel decennio successivo al termine del conflitto bellico e si arresta un istante prima dell’avvento dell’Informale. La temperie culturale dell’immediato dopoguerra è evocata anche attraverso la pubblicazione di un volume antologico, a cura di Luca Motto, edito da “Il Rinnovamento” con una selezione di scritti d’arte comparsi su periodici e quotidiani torinesi, tra il 1945 e il 1955, a firma di Piero Bargis, Luigi Carluccio, Angelo Dragone, Albino Galvano, Renzo Guasco, Luciano Pistoi, Filippo Scroppo, Alberto Rossi, Lionello Venturi ma anche Italo Calvino, Massimo Mila, Lalla Romano.
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Al termine del secondo conflitto mondiale e a Liberazione avvenuta anche a Torino, nelle generazioni più giovani di artisti, che non avevano avuto alcun contatto con la politica culturale del fascismo, scaturisce spontaneo l’anelito di rigenerazione del loro linguaggio espressivo. Implicitamente si tenta di riannodarsi all’esperienza figurativa italiana degli anni trascorsi tra le due guerre, provando a far riaffiorare quanto di valido ancora è sopravvissuto alla visione asfittica di un regime isolato su posizioni arretrate.  Il ritroso rinnovamento della cultura figurativa torinese del secondo dopoguerra non è stato soltanto una reazione all’involuzione di Novecento, ma si è focalizzato soprattutto attorno al problema di raggiungere una coerenza con contenuti e linguaggi attuali e a operare nell’ambito di una cultura artistica internazionale collegata alla tradizione moderna dalla quale gli artisti erano rimasti, sino a quel momento, appartati o esclusi. Questo podcast prende in considerazione un arco temporale circoscritto al decennio 1945-1955, e si conclude con un evento: la mostra Niente di nuovo sotto il sole alla galleria La Bussola che idealmente segna, pur con differenti premesse critiche, il debutto a Torino della lunga stagione dell’Informale.Occorre però procedere con cautela in questa narrazione, accennando alle linee di sviluppo dell’arte torinese tra il 1915 e il 1931. Si risale dunque alle prime testimonianze di uno spirito moderno e si prosegue, attraverso il tessuto storico di esperienze, verso i traumi della guerra, che non hanno significato tuttavia fratture definitive con il passato, ma persistenze, riaffioramenti e rielaborazioni dei solchi segnati anni prima dalle ricerche artistiche. La Fondazione Giorgio Amendola di Torino e il Comune di Torre Pellice con Speranze e fermenti. Arte a Torino dopo il 1945, a ottant’anni dalla Liberazione, realizzano un progetto di mostra itinerante, a cura di Luca Motto, che mette in luce la Ricostruzione artistico-culturale attraverso le voci di pittori e scultori che hanno operato a Torino nel decennio successivo al termine del conflitto bellico e si arresta un istante prima dell’avvento dell’Informale. La temperie culturale dell’immediato dopoguerra è evocata anche attraverso la pubblicazione di un volume antologico, a cura di Luca Motto, edito da “Il Rinnovamento” con una selezione di scritti d’arte comparsi su periodici e quotidiani torinesi, tra il 1945 e il 1955, a firma di Piero Bargis, Luigi Carluccio, Angelo Dragone, Albino Galvano, Renzo Guasco, Luciano Pistoi, Filippo Scroppo, Alberto Rossi, Lionello Venturi ma anche Italo Calvino, Massimo Mila, Lalla Romano.
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Arts
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02 - L’elaborazione di nuova sintassi pittorica (1945-1947)
Speranze e Fermenti -Arte a Torino dopo il 1945
11 minutes
1 week ago
02 - L’elaborazione di nuova sintassi pittorica (1945-1947)
Nonostante la dualità tra astrattismo e realismo sia stata brillantemente risolta da Casorati nel dopoguerra avanzando soluzioni pittoriche davvero notevoli (si pensi ad esempio alla Natura morta con elmo del 1947 o alle Uova sul tappetodel 1948) “le sue proposte – come rimarcava Francesco Poli –  non potevano continuare ad essere un punto di riferimento stimolante per le esigenze di cambiamento culturali e ideologiche oltre che pittoriche della nuova generazione emergente di artisti, per i quali il nuovo rappresentava anche un desiderio di affermazione impossibile in un vecchio universo borghese chiuso e gerarchicamente definito”.  Parte dei discepoli di Casorati (emblematici i casi di Albino Galvano e Paola Levi Montalcini) ha tentato dopo il 1945, con buona pace del Maestro, di rivolgersi a ricerche non figurative abbandonando l’espressionismo del decennio precedente. Pregnante è la considerazione di Galvano a proposito di modelli ed eredità pittoriche: “troppa storia stava dunque dietro ai ‘Sei’, troppa poca dietro a noi ‘giovanissimi’ […] perché potesse esser loro o nostra vicenda il riferirsi al mito casoratiano della pittura ‘al di sopra dello scorrer dei tempi e del mutar delle mode’ o a quello delle ‘occasioni’ irrequiete e mutevoli di Spazzapan. Perciò li abbiamo ammirati o ci siamo ribellati ad essi, […] ma dopo l’avvio casoratiano di allora e più che mai dopo il ’45, non abbiamo veramente potuto richiamarci alla loro pittura”. Non si deve altresì tacere della presenza, in verità piuttosto numerosa, di quegli artisti che a Liberazione avvenuta – sebbene il naturalismo ottocentesco sia stato in gran parte oltrepassato dall’opera di Casorati – proseguono ostentatamente le strade segnate anni prima come i casi discretissimi di Cino Bozzetti, Mario Reviglione, Cesare Maggi, Domenico Buratti, Agostino Bosia, Evangelina Alciati. Vi è poi una schiera di artisti per la quale si può parlare di una latenza nei confronti del nuovo, orientata verso un pacato lirismo, o tuttalpiù una vicinanza a forme epressionistiche, tra cui: Carlo Terzolo, Massimo Quaglino, Ermanno Politi, Giulio da Milano, Augusto Bertinaria, Domenico Valinotti, Marcello Boglione, Mario Calandri. Per le nuove leve di artisti, azioni come il porsi fuori dai confini nazionali, la revisione più o meno manifesta volta a forzare i valori costituiti dai Maestri e l’instaurare una profonda azione etica all’interno della società in ricostruzione, gravitano attorno al ruolo engagée all’artista-guida: il Picasso di Guernica. Si procede quindi verso l’adozione abbastanza superficiale di modelli d’oltralpe, tra cui l’imperante neo-picassismo che domina la scena torinese almeno fino al 1948-1949 quando emerge la tendenza concretista. È una morfologia pittorica non giustificabile da una semplicistica interpretazione ideologica o politica ma in molti casi legata a vecchi schemi usurati, oppure d’altro lato, piattamente conforme ad un’apertura europea. La connessione tra obbligo morale e rinnovamento formale a Torino, è bene precisarlo, non è sempre così ovvia e meccanica, tanto dei Maestri che hanno vissuto la loro stagione dell’impegno nel passato, quanto degli esponenti delle generazioni più giovani, che non si sono fatte assoggettare dal fascismo e nel presente ricusano le inflessibili categorizzazioni ideologiche.  Al rinnovamento del linguaggio artistico si affianca anche l’impegno di una critica d’arte “nuova” che – come rilevava Mirella Bandini – “dai torni staccati e idealistici e per lo più letterari precedenti, addiviene alla militanza”. Il critico, in quegli anni, diviene partecipe in prima persona al dibattito, molte volte a fianco dell’artista, di cui inizia a essere il compagno di strada. Nello sforzo collettivo di ricostruzione della democrazia e della cultura numerose voci della critica torinese ­– seppur con divergenti posizioni teoriche all’interno dell’ampio dibattito teorico che contrapponeva realismo e astrattismo – o si...
Speranze e Fermenti -Arte a Torino dopo il 1945
Al termine del secondo conflitto mondiale e a Liberazione avvenuta anche a Torino, nelle generazioni più giovani di artisti, che non avevano avuto alcun contatto con la politica culturale del fascismo, scaturisce spontaneo l’anelito di rigenerazione del loro linguaggio espressivo. Implicitamente si tenta di riannodarsi all’esperienza figurativa italiana degli anni trascorsi tra le due guerre, provando a far riaffiorare quanto di valido ancora è sopravvissuto alla visione asfittica di un regime isolato su posizioni arretrate.  Il ritroso rinnovamento della cultura figurativa torinese del secondo dopoguerra non è stato soltanto una reazione all’involuzione di Novecento, ma si è focalizzato soprattutto attorno al problema di raggiungere una coerenza con contenuti e linguaggi attuali e a operare nell’ambito di una cultura artistica internazionale collegata alla tradizione moderna dalla quale gli artisti erano rimasti, sino a quel momento, appartati o esclusi. Questo podcast prende in considerazione un arco temporale circoscritto al decennio 1945-1955, e si conclude con un evento: la mostra Niente di nuovo sotto il sole alla galleria La Bussola che idealmente segna, pur con differenti premesse critiche, il debutto a Torino della lunga stagione dell’Informale.Occorre però procedere con cautela in questa narrazione, accennando alle linee di sviluppo dell’arte torinese tra il 1915 e il 1931. Si risale dunque alle prime testimonianze di uno spirito moderno e si prosegue, attraverso il tessuto storico di esperienze, verso i traumi della guerra, che non hanno significato tuttavia fratture definitive con il passato, ma persistenze, riaffioramenti e rielaborazioni dei solchi segnati anni prima dalle ricerche artistiche. La Fondazione Giorgio Amendola di Torino e il Comune di Torre Pellice con Speranze e fermenti. Arte a Torino dopo il 1945, a ottant’anni dalla Liberazione, realizzano un progetto di mostra itinerante, a cura di Luca Motto, che mette in luce la Ricostruzione artistico-culturale attraverso le voci di pittori e scultori che hanno operato a Torino nel decennio successivo al termine del conflitto bellico e si arresta un istante prima dell’avvento dell’Informale. La temperie culturale dell’immediato dopoguerra è evocata anche attraverso la pubblicazione di un volume antologico, a cura di Luca Motto, edito da “Il Rinnovamento” con una selezione di scritti d’arte comparsi su periodici e quotidiani torinesi, tra il 1945 e il 1955, a firma di Piero Bargis, Luigi Carluccio, Angelo Dragone, Albino Galvano, Renzo Guasco, Luciano Pistoi, Filippo Scroppo, Alberto Rossi, Lionello Venturi ma anche Italo Calvino, Massimo Mila, Lalla Romano.