Oggi Il Fatto Quotidiano mi dedica un articolo con alcune anticipazioni della seconda puntata, che andrà in onda domani sera, dell’inchiesta che Report sta conducendo sul Garante per la protezione dei dati personali.Sono, da sempre, convinto che quando fanno questo genere di inchieste, i media fanno il loro dovere e rendono uno straordinario servizio alla nostra democrazia.Guai se non lo facessero e guai se chiunque, specie da rappresentante di un’Istituzione, provasse a ostacolarli o a non collaborare.È la ragione per la quale quando prima Report e poi Il Fatto Quotidiano mi hanno chiesto un’intervista ho immediatamente accettato, ci ho messo la faccia, ho risposto a tutte le domande che mi sono state poste.Certo la condizione di quanto precede è che l’inchiesta, pur, eventualmente, muovendo da una tesi, non abbia pregiudizi, conclusioni precostituite, epiloghi già scritti ma sia ispirata dalla voglia di capire, raccontare e far capire, i fatti e la verità o quanto di più prossimo a quest’ultima esiste in natura.Guarderò Report ma, per ora, a leggere il Fatto non mi pare questo il caso e me ne rammarico anche perché Il Fatto Quotidiano è uno dei giornali sul quale, per pura e semplice passione civile e amor di giornalismo, avevo aperto, tra i primi, un blog quando muoveva i primi passi e conosco, da tempo, correttezza, competenza e penna di Thomas Mackinson, l’autore del pezzo.In realtà a dispetto del titolo e del catenaccio, grandi e sensazionalistici, come quelli che si usavano un secolo fa, sui “giornali gialli” americani, quelli che allora servivano a farli vendere agli angoli delle strade, poi il pezzo dice poco di me e dei miei rapporti con lo Studio Legale che ho fondato quindici anni fa e lasciato oltre cinque anni fa, quando sono stato eletto al Garante.I fatti sono soltanto due: mia moglie lavora ancora in quello Studio e quello Studio segue dei clienti davanti al Garante per la protezione dei dati personali.Personalmente né il primo, né il secondo mi sembrano degli scoop, delle grandi notizie, delle verità capaci di nasconderne chissà quali altre.E, però, entrambi vengono suggestivamente raccontati come “pistola fumante” di chissà quale torbida storia di malaffare o di intrecci tra interessi pubblici e privati.“Il caso tocca un nervo scoperto del Garante non tanto sul fronte politico quanto sul rischio di permeabilità rispetto a interessi commerciali”, scrive Mackinson.Un’affermazione grave, seria, preoccupante e allarmante, se fosse vera o, anche, semplicemente supportata da un qualche elemento fattuale.È uno di quei casi nei quali l’epilogo dell’inchiesta giornalistica sembra scritto prima ancora di condurla.Ma andiamo con ordine, cercando di rimanere ai fatti.L’attacco del pezzo – come si dice in gergo – è relativo a un procedimento che sarebbe stato promosso davanti al Garante per la protezione dei dati personali da duemila ex dipendenti Alitalia a tutela della loro privacy, una tutela che suggerisce il pezzo, “avrebbe dato loro una chance in più di non finire per strada”, ovvero, immagino, essere licenziati.Il reclamo introduttivo del procedimento sarebbe stato firmato da tal Antonio Amoroso ex Alitalia e oggi segretario di Cub Trasporti.Uso il condizionale perché come spiegato al giornalista quanto me lo ha chiesto, di questoprocedimento non so nulla e nulla posso sapere essendo ancora in fase istruttoria davanti agli uffici del Garante che, come esigono le regole, gestiscono l’istruttoria in assoluta autonomia anche e, soprattutto, dal Collegio.La tesi, tuttavia, è che il Garante non sarebbe intervenuto tempestivamente con la conseguenza che i dipendenti sarebbero stati licenziati.Qui un paio di precisazioni sono indispensabili.La prima è che il Garante non è un Giudice del lavoro che giudica della legittimità o illegittimità dei licenziamenti e che il Giudice del lavoro che, verosimilmente, è stato interessato della questione avrebbe, certamente, se rilevante, potuto accertare incidentalmente...
Show more...